"Il tempo a nostra disposizione sta scadendo. Alcuni problemi hanno già raggiunto un'ampiezza tale da mettere in dubbio la possibilità di risolverli con successo; e i costi del ritardo sono terribilmente alti. Se non ci svegliamo e non cominciamo ad agire velocemente, potrebbe essere troppo tardi." Quasi vent'anni dopo la pubblicazione del primo, clamoroso rapporto intitolato I limiti dello sviluppo, si torna a dare l'allarme sul futuro del mondo, con un dossier intitolato La prima rivoluzione globale di Bertrand Schneider e Alexander King.
Crescita demografica, inquinamento, scarsità delle risorse alimentari ed energetiche sono tuttora i 4 nodi cruciali: un complesso di elementi che mette in pericolo la sopravvivenza stessa della razza umana.
L'esplosione demografica I problemi dei Paesi in via di sviluppo sono resi ancor più gravi dall'esplosione demografica. Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, la popolazione mondiale, che nel 1900 era di 1,8 miliardi di persone e ora supera di poco i 5, nel Duemila raggiungerà i 6,2 e nel 2025 gli 8,5 miliardi. L'India dovrebbe passare dagli 819 milioni di oggi a un miliardo 446 milioni, la Nigeria da 105 a 301 milioni. La crescita demografica si verificherà soprattutto nelle regioni meno sviluppate del mondo. Anzi, nelle aree industriali la crescita è molto lenta e in alcuni casi addirittura negativa. La popolazione mondiale aumenta attualmente di un milione d'individui ogni quattro, cinque giorni. La crescita demografica sta ormai superando il ritmo di produzione alimentare. Subito prima della recente siccità, nell'Africa subsahriana la produzione di cereali stava aumentando del 1,6% all'anno, mentre la popolazione cresceva del 3,1%. Nell'ultimo decennio in alcune nazioni particolarmente afflitte dalla scarsità di cibo la produzione pro capite è addirittura diminuita del 2% l'anno. Il boom demografico sta inoltre ingrossando la schiera degli aspiranti a un lavoro in regioni dove esistono già eserciti di disoccupati: secondo i dati dell'ONU, alla fine del secolo il 60% della popolazione mondiale vivrà nelle città, ed esisteranno una trentina di metropoli con oltre 5 milioni di abitanti. Creare milioni di nuovi impieghi è senza dubbio una delle imprese più difficili imposte dall'esplosione demografica.
L'energia Durante il XX secolo l'attività umana è enormemente aumentata, con conseguente inevitabile aumento della domanda di materie prime ed energia. Benchè al momento vi sia eccedenza di petrolio, ci avviciniamo alla fine del lungo periodo in cui questa risorsa non rinnovabile è stata abbondante e a buon mercato. Il carbone abbonda, ma pare contribuisca troppo all'Effetto Serra, a meno che il progresso tecnologico non permetta di limitare di molto i suoi effetti negativi. Le fonti alternative, come l'energia solare, eolica o geotermica, rappresentano una possibilità. Ma è improbabile che, agli attuali ritmi di sviluppo, siano disponibili in tempo per compensare la necessaria riduzione nell'uso dei combustibili fossili. Per molti anni si è sostenuto che la fusione nucleare avrebbe risolto praticamente per l'eternità tutti i nostri problemi energetici. In realtà, oggi la possibilità di creare una rete di impianti di fusione appare chimerica. L'impasse potrebbe essere parzialmente risolta solo dalla fissione nucleare. Da tempo siamo in molti a disapprovare la proliferazioni delle centrali nucleari. Ma adesso bisogna ammettere che l'uso del carbone e del petrolio, i quali producono anidride carbonica, è probabilmente più dannoso alla società dell'energia nucleare.
Le riserve alimentari Il successo della produzione agricola dalla fine della seconda guerra mondiale in poi è stato fenomenale. Nonostante la crescita demografica, ha prodotto una notevole eccedenza a livello mondiale. Nel 1987 si stimava che la produzione alimentare globale fosse sufficiente ad alimentare tutti gli abitanti della Terra. Ma se è vero che oggi si nutrono adeguatamente più persone che nel 1968, in termini assoluti la fame continua a crescere. In Medio Oriente, Nord Africa e Africa subsahariana il deficit annuo si aggira sui 60 milioni di tonnellate. Le più grandi riserve alimentari si trovano nel Nord America e le nazioni povere fanno totale assegnamento sui buoni raccolti americani. La siccità del 1988 ha però sconvolto l'intera sistema alimentare mondiale. Negli Stati Uniti la produzione di cereali è scesa per la prima volta sotto i livelli nazionali di consumo. Il raccolto americano è calato del 31% e quello del Canada del 27%. Il deficit è stato compensato attingendo alle riserve accumulate, grazie alle quali si sono rispettati anche i contratti di esportazione stipulati con i circa cento Paesi dipendenti dal Nord America. Si è però registrato un enorme calo nelle riserve mondiali di cibo. Inoltre, se in futuro il petrolio scarseggiasse o aumentasse di prezzo, la produzione alimentare subirebbe una battuta d'arresto. Ci vuole circa una tonnellata di petrolio per produrre una tonnellata di concime azotato. Occorre il petrolio anche per produrre i diserbanti e i pesticidi utilizzati abbondantemente nell'agricoltura moderna, nonchè per lavorare la terra e azionare le pompe destinate all'irrigazione. Durante il periodo 1950-1986, nel mondo il consumo medio di fertilizzanti per abitante passò da 5 a 26 chili, mentre l'area pro-capite coltivata a cereali scese da 0,24 a 0,15 ettari. E se è auspicabile ridurre il consumo di energia in agricoltura, ci sono forti dubbi che la coltivazione organica sia in grado di soddisfare le necessità della popolazione presente e futura.
L'ambiente Al momento attuale i casi più allarmanti di degrado ambientale sono quattro:
1 - Nell'ambiente si stanno diffondendo agenti tossici, soprattutto sostanze chimiche non biodegradabili e scorie radioattive.
2 - Gli scarichi delle ciminiere di centrali a carbone, acciaierie e così via stanno portando all'acidificazione dei laghi e alla distruzione delle foreste. In questo campo si può fare molto a livello locale: ripulire i gas di combustione, utilizzare petrolio e carbone a basso contenuto di zolfo e altro. Si tratta però di processi costosi e complessi.
3 - I clorofluorocarburi (Cfc), utilizzati anzitutto come propellenti e nella produzione di frigoriferi, stanno producendo un macroinquinamento nell'atmosfera superiore: per effetto delle radiazioni ultraviolette si scompongono e liberano il cloro, che attacca l'ozono della stratosfera. Quando, qualche anno fa, si scoprirono grandi buchi nello strato di Ozono sovrastante l'Antartide, si cominciò a temere che talo strato venisse troppo impoverito e lasciasse filtrare i raggi ultravioletti, con conseguente aumento del cancro alla pelle e di altre malattie. La soluzione, tuttavia è abbastanza semplice, perchè al mondo è ristrettissimo il numero di stabilimenti chimici che producono clorofluorocarburi. Durante la conferenza di Montreal del 1989 si riuscì a raggiungere un accordo generale per la messa a punto e l'utilizzo di altri propellenti innocui per l'Ozono. Risultato: l'uso di Cfc cesserà nei Paesi industrializzati. Il guaio è che alcune nazioni povere come l'India e la Cina hanno cominciato da poco a produrre Cfc.
4 - Il cosidetto Effetto Serra: è ancora tema di discussione e solo tra dieci anni si potrà dire se è una minaccia reale oppure no. Responsabili dell'effetto serra sono gas che prima della rivoluzione industriale esistevano solo in tracce e che impediscono a parte delle radiazioni solari di disperdersi nello spazio dopo essere penetrate nell'atmosfera: anidride carbonica (aumentata del 25%), ossidi di azoto (aumentati del 19%), metano (100%). L'incremento deriva inoltre dalla ridotta capacità della natura di assorbire il gas attraverso la fotosintesi delle piante: le foreste tropicali, infatti, sono state progressivamente distrutte.
Il divario Nord-Sud In una comunicazione personale risalente al 1989, Mahbub Ul Haq, consigliere speciale dell'amministrazione dell'Unpd (il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo), valutò in termini piuttosto ottimistici gli sforzi compiuti: attualmente l'aspettativa media di vita nell'emisfero meridionale è pari all'80% di quella settentrionale, gli adulti in grado di leggere e scrivere sono il 66% di quelli che vivono al Nord, e il livello di nutrizione è l'85% di quello delle regioni più ricche. E' tuttavia vero che i dati sui Paesi in via di sviluppo non sono omogenei e variano da regione a regione. Il reddito medio degli abitanti del Sud è solo il 6% di quello del Nord. Nei Paesi industrializzati il consumo medio pro-capite di energia è 40 volte superiore rispetto ai Paesi in via di sviluppo. Entro la metà del prossimo secolo, gli abitanti degli odierni Paesi industrializzati costituiranno meno del 20% della popolazione mondiale. E' probabile che la pressione demografica, il desiderio di trovare buone opportunità e la presenza di regimi illiberali in patria generino incontenibili ondate di migrazione verso il Nord e l'Occidente. Forse i nostri successori vedranno migrazioni di inusitata grandezza. Un simile flusso è gia cominciato con i boat people in Estremo Oriente, gli immigrati clandestini che dal Messico arrivano negli Stati Uniti e gli asiatici e gli africani che si trasferiscono in massa in Europa. In futuro la pressione demografica potrebbe indurre i cinesi a cercare uno sbocco nella deserta Siberia. E' dunque essenziale migliorare le condizioni economiche delle nazioni più povere e nel contempo introdurre efficaci mezzi di controllo demografico.
La tecnologia La nascita di una società informatica postindustriale è uno degli agenti principali del cambiamento mondiale. L'emergere di tecnologie avanzate, soprattutto quelle basate sulla microelettronica e le nuove scoperte della biologia molecolare in grado di migliorare le condizioni di vita. E' vero però che i progressi tecnicoscientifici delle nazioni del Nord, dove è concentrato il 95% della ricerca tecnologica, tendono ad accrescere il divario tra Occidente e Terzo Mondo. Non sempre il trasferimento di tecnologia ha rappresentato il metodo migliore per introdurre nuove attività nei Paesi in via di sviluppo: in parte perchè si sono scelti tecniche e settori inadeguati, in parte perchè la nazione beneficiaria non era abbastanza preparata. In agricoltura la cosiddetta rivoluzione verde, che ha introdotto nuove varietà ad alto rendimento di mais, frumento e riso e ha promosso l'uso intensivo di fertilizzanti azotati, ha comunque registrato un notevole successo. Ma l'informatizzazione dell'industria consente di prevedere un futuro sviluppo economico sostanzialmente senza creazione di nuovi posti di lavoro: si apre un problema occupazionale, soprattutto rispetto alla manodopera non specializzata. Anche per questo non sembra desiderabile il preteso sviluppo rapido delle nazioni più povere tramite un massiccio invio di computer. Per quanto riguarda i Paesi industrializzati, lo sviluppo tecnologico tende ad accrescerne la vulnerabilità: le centrali eletttriche e nucleari, le raffinerie, le banche dati e in genere tutti gli impianti complessi sono governati da centri computerizzati di accesso abbastanza facile per terroristi. Si sono già sperimentati gli effetti dei virus dei computer.
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