Friday, February 27, 2009

Di nuovo il nucleare in Italia

Dopo l'accordo con la Francia per la realizzazione di 4 impianti di nuova generazione, in Italia si riapre la discussione, mai sopita, sul nucleare.

Per fissione nucleare s'intende il bombardamento del nucleo dell'atomo di un elemento adatto, con neutroni. L'atomo spaccandosi, ottiene due nuclei più leggeri e rilascio di energia, cioè la fissione nucleare, ovvero la frammentazione dei nuclei, appunto la parte radiottiva. La scoperta della fissione risale agli esperimenti di Enrico Fermi nel 1934 ed oggi, dopo decenni di nucleare nel mondo (sino al 1987 anche in Italia), siamo arrivati ad una terza generazione, più evoluta, e già addentro alla quarta.

Ma che differenza c'è tra la terza generazione e la seconda, come quella di Chernobyl?

La terza generazione si caratterizza per due punti importanti: la sicurezza e l'utilizzo di materiali fissili. Le nuove centrali automatizzano l'emergenza, non richiedendo, pertanto, l'intervento umano, diminuendo in tal modo la probabilità d'incidente (si parla di incidente ogni 100 mila anni!!!), quindi una probabilità quasi allo zero.

La messa in funzione di standard di sicurezza è assai maggiore rispetto a quella di Chernobyl. Per quanto riguarda invece i materiali che brucia, può riutilizzare in parte, il resto delle scorie della seconda generazione, quindi di gran parte degli impianti nucleari oggi esistenti.

Tuttavia, anche se diminuito rispetto alle vecchie generazioni, il problema delle scorie resta, anche se la quantità di CO2 che viene liberato è assai più limitato del petrolio.
Comunque sia, alcune scorie durano migliaia di anni e debbono trovare un posto sicuro, geologicamente stabile, affatto permeabile, per essere immagazzinate.

Intanto la ricerca va avanti. Per una possibile soluzione di questo problema bisognerà attendere quindi la quarta generazione, almeno un ventennio, dove lo sfruttamento delle risorse dovrebbe essere ottimizzato e la produzione di scorie ridotta al minimo.

In Francia, 58 centrali nucleari attive producono circa l'ottanta per cento del fabbisogno energetico, mentre l'Italia è fortemente dipendente dal petrolio e dal gas estero.

Ora, il ritorno al nucleare per l'Italia, dopo l'accordo tra Enel e la francese Eds, due ex monopolisti nazionali dell'energia, è più vicino. Le due multinazionali energetiche hanno firmato un'intesa per studiare la fattibilità e la successiva realizzazione di 4 impianti nucleari di terza generazione dell'energia atomica, più moderna e pulita, con reattori probabilmente di tipo Edr, nel nostro paese. Dovranno sorgere in posti non sismici con facile accesso all'acqua, lontani dai grandi centri.

Il nucleare poi va affiancato al solare, all'eolico, al geotermico per rientrare in linea con gli obiettivi fissati a livello europeo al 2020, dove si richiede un quinto dell'energia prodotta da fonti rinnovabili.

L'obiettivo del nostro ministro dello Sviluppo economico è di arrivare al 2020 con un mix energetico di rinnovabili al 25 per cento, un altro 25 per cento nucleare e il 50 per cento il fossile tradizionale. Ma per il Presidente dell'Istituto nazionale di Fisica nucleare Roberto Petronzo, intervistato al Tg2, forse il ministro Scaiola è stato troppo ottimista. Conti alla mano si può dire che oggi, con una centrale da 1.6 GW, per arrivare al 25 per cento di energia nucleare prodotta, significherebbe avere in funzione almeno 10, 12, 15 centrali... Ma già il raggiungimento di metà obiettivo sarebbe un successo.

Bisogna guardare al nucleare insieme alle rinnovabili, sottolinea il presidente dell'Enea Luigi Paganetto, senza contrapporle tra loro. Le fonti rinnovabili, cioè solare, eolico, biomasse, geotermico e biocombustibili sono energie che possono essere riprodotte. Tuttavia bisogna pensare che il solare, per essere prodotto su larga scala e per avere rendimenti adeguati, necessita di grandi spazi.

L'Enea, dice Paganetto. ha una tecnologia molto avanzata, una delle migliori al mondo, ed è certamente questa una scelta che potrebbe essere fatta per tutti i Paesi della sponda sud del Mediterraneo. Trattandosi di collezioni di raggi solari rispetto ad un tubo centrale, dove c'è una soluzione salina che va a 550 gradi che poi si trasforma in vapore, che a sua volta mette in moto una turbina, che crea quindi energia... ha bisogno di grandi estensioni territoriali, come potrebbero essere, appunto, le zone desertiche del Nord Africa o quei luoghi in cui vi siano grandi aree poco abitate.

Per quanto riguarda l'Italia, bisogna che essa vada adattata secondo le sue caratteristiche climatiche: l'eolico, che va bene in Germania, non va troppo bene da noi. Un vento che è solo un fattore 2 più lento in Italia vuol dire un fattore 10 di efficienza in meno, mentre il solare a concentrazione è ancora in fase di sviluppo. Tuttavia, nell'equilibrio generale, difficilmente le energie rinnovabili potranno avere la maggioranza dell'energia che possa andare a soddisfare il fabbisogno energetico, perchè c'è bisogno di potenza per soddisfarlo e garantire continuità. E questo, solo le energie fossili, lo garantiscono.

La qualità del nucleare è quella di non avere grossi impatti ambientali rispetto ai fossili. Inoltre, dal punto di vista economico basti pensare che un grammo di nucleare equivale a tonnellate e tonnellate di petrolio, il che significa una rilevante riduzione di CO2 nell'atmosfera.

Rientrare nel nucleare è dunque nelle intenzioni di un governo che vuole riagganciarsi al mondo tecnologico e tornare in possesso della competenza che le apparteneva prima del referendum abrogativo sul nucleare del 1987. Competenza che, per certi versi, malgrado si sia persa la capacità di costruire centrali nucleari ma anche la filiera d formazione e l'istruzione su larga scala, è ancora viva nello studio della fisica nucleare, ha detto Roberto Petronzo.

Sull'investimento che il governo dovrà fare, sono circolate, ovviamente, diverse voci. Si parla di 4 o 7 miliardi di euro per ogni centrale e di tempi troppo lunghi: la prima centrale dovrebbe essere messa in funzione proprio nel 2020. Il problema resta comunque, sempre lo stesso, cioè lo smaltimento delle scorie radioattive, senza contare poi che già da alcune regioni e da diversi comuni cominciano ad arrivare i primi no, grazie!

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