Sunday, March 26, 2006
Nanopatologie: le malattie del XXI secolo
Cosa sono le nanopatologie?
Le nanopatologie sono le malattie provocate da micro- e, soprattutto, nanoparticelle inorganiche che in qualche modo riescono a penetrare nell’organismo, umano o animale che sia, e non ha alcuna importanza come queste entità piccolissime riescono ad entrare o come sono prodotte.
Le nanopatologie sono state scoperte nel 1999 da Antonietta Gatti dell'Università di Modena e Reggio Emilia.
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L’argomento non è dei più semplici, e poi, come dicono “quelli che hanno studiato”, non è scritto sui libri. Per quanto riguarda la complessità, vedrò di sfrondare moltissimo e di semplificare per quanto possibile, mentre per il non essere sui libri, posso dire che qualcosa già c’è, e anche di un certo rilievo, e l’argomento sta attirando grande interesse in ambito scientifico.
Alcuni anni fa, lavorando al mio Laboratorio dei Biomateriali dell’Università di Modena e ReggioEmilia, mi accorsi che alcuni frammenti di ceramica micro- e nanometrici (per micro, s’intendono dimensioni intorno ai milionesimi di metro, mentre, per nano, dimensioni di qualche decina o centinaia di miliardesimi di metro) provenienti da una protesi dentaria erano finiti nel fegato e nei reni di un paziente che aveva, per questo, sviluppato delle granulomatosi a carico di quegli organi con una grave compromissione delle loro funzioni. Tolta la protesi e messa in atto una terapia cortisonica appropriata, i sintomi si affievolirono in modo notevolissimo, tanto da risparmiare al paziente il trattamento emodialitico cronico cui pareva inevitabilmente destinato.
Da questo caso concluso felicemente nacque un progetto finanziato dalla Comunità Europea che mi permise, con partner come le università di Magonza e di Cambridge, la FEI, costruttrice di microscopi elettronici della Philips, e la Biomatech, azienda di ricerca francese, di allestire una metodica del tutto innovativa di microscopia elettronica e di cominciare una ricerca su malattie di possibile natura infiammatoria definite criptogeniche, vale a dire di origine ignota.
L'articolo per intero potete trovarlo quì
Le particelle emesse dagli inceneritori e dagli altri processi industriali ad alta temperatura non sono trattenute dai filtri (come le diossine), ma penetrano nei polmoni, nel sangue e negli altri organi del nostro corpo, provocando malattie in apparenza senza causa.
L’indagine si avvale principalmente di un ESEM (Environmental Scanning Electron Microscope), cioè un microscopio elettronico a scansione ambientale, opportunamente modificato. Questa analisi offre la possibilità di osservare campioni biologici in “wet mode”, vale a dire in condizioni di normale idratazione, a pressione atmosferica, senza la necessità di essiccarli e di renderli elettroconduttivi tramite una ricopertura di carbone oppure di metalli quali l’oro e il palladio. Applicando protocolli da adattare ad ogni tipo di osservazione, una simile caratteristica consente di esaminare campioni biologici, comprese cellule vive, senza intaccarne l’integrità, e di ripetere l’osservazione ogni volta lo si desideri. Il principale obiettivo dell’indagine, l’individuazione di micro- e nano-particolato inorganico eventualmente contenuto nell’esemplare in studio, viene raggiunto senza alcun processamento del campione.
Clicca qui per vedere un video in streaming sulle nanopatologie del 4 Marzo 2006 presieduto dal dr. Stefano Montanari, direttore scientifico del laboratorio Nanodiagnostics di Modena a Riccione e marito della dottoressa Antonietta Gatti.
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