Monday, April 28, 2008

F come fame: crisi alimentare e speculazione

Di parere diverso da quello espresso da Lula, favorevole ai biocarburanti, che presto sarà in Europa a sponsorizzare il suo prodotto (Repubblica Ceca e Olanda le prime tappe), è stato il tenore di una discussione al Vertice tra India e Unione africana (UA), tenutosi di recente a New Delhi. Tutta una serie di oratori hanno incolpato dell'esplosione dei prezzi dei prodotti alimentari e dei primi disordini nel mondo, il passaggio dal cibo ai biocarburanti. E' stato sottolineato che solo negli Stati Uniti, dal 2006, 8 milioni di ettari, che in precedenza erano stati piantati a mais, cereali, soia, per prodotti alimentari e foraggio, sono stati convertiti alla produzione di biocarburanti. Si pensa che il 18% della produzione di cereali degli americani è stato sprecato per ricavarne benzina. Simili proporzioni anche in Brasile, Argentina, Canada ed Europa Orientale.

Negli Stati Uniti nel 1995 la produzione di etanolo raggiungeva i 5 miliardi di litri; 12 miliardi nel 2004 e 35 miliardi nel 2007... 7 volte in più nell'arco di 12 anni... A riguardo, proprio in queste ultime ore giunge la presa di posizione del Presidente venezuelano Hugo Chavez, il quale se la prende con l'etanolo statunitense, denunciando come grandi quantità di grano siano utilizzate per la sua produzione anzichè per sfamare il mondo, contribuendo in maniera "intollerabile" alla crisi alimentare mondiale.

Attualmente, sono molte le regioni del mondo che fronteggiano la crisi alimentare (Sudan, Ciad, Bolivia, Tanzania, Kenya, India, Etiopia...). In alcune di esse sono stati posti limiti alle importazioni (Russia, Cina, Serbia, Argentina, Egitto...), ed in altre (Marocco, Senegal, Camerun, Filippine, Thainlandia, Indonesia, Messico, Haithi, Perù...) sono scoppiate rivolte e disordini per mancanza di cibo o per i prezzi ormai irraggiungibili per gran parte della popolazione.

A fare impennare nell'ultimo anno le quotazioni dei cereali (grano, soia, mais e riso, aumentati rispettivamente del 130 per cento, 87 per cento, 31 per cento e 70 per cento, con impennate nei paesi importatori anche del 141 per cento da gennaio ad aprile 2008 per il riso), sono state varie cause, compreso il forte aumento della domanda da parte dei Paesi emergenti come Cina, India, dove una maggiore richiesta si è tradotta in maggiori consumi alimentari.

Grandi masse di popolazione hanno così cambiato le abitudini alimentari: più riso, mais e più carne, dove per ogni chilo di carne occorrono dai 4 ai 5 chili di cereali. Nel 1980 in Cina il consumo di carne pro capite annuo era di 20 chili; nel 2007 era salito a 50 chili annui.

Affrancarsi dal petrolio, la sfida che si credeva di poter vincere, in parte, con l'utilizzo dei biocarburanti, e che aveva permesso a migliaia di contadini di sconfiggere la fame e di tenere l'aria più pulita, dunque, è ben lungi dal verificarsi.

Così se in diversi Paesi del terzo mondo sta ritornando lo spettro della fame, anche nelle famiglie europee, quelle del ceto medio, cominciano ad emergere difficoltà a far quadrare il conto della spesa. In Italia i rincari hanno costretto 3 italiani su 4 a cambiare abitudini alimentari, variando la nota della spesa: meno pane, verdure, vino, pasta, frutta e olio, più polli e uova. Secondo l'Istat, la spesa media mensile di una famiglia per l'acquisto di alimenti e bevande è di 467 euro.

Per far fronte a ciò la Ue ha dato il via libera a 117 milioni in più per il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (PAM), in aiuto alle popolazioni in difficoltà, puntando ad aumentare, nella misura del 10 per cento, il numero delle coltivazioni dei terreni coltivabili, anche se, man mano che la questione alimentare porta scompiglio nel mondo, le armi sembrano del tutto spuntate contro gli speculatori, i quali continuano a fare guadagni enormi sui fondi delle derrate alimentari contribuendo in maniera determinante a spingere su il prezzo. La speculazione e l'aumento dei prezzi dei prodotti di base rischiano di creare una catastrofe umanitaria mondiale.

Tanto per dare un'idea di quel che succede nell'ultimo bastione del Capitalismo rimasto sulla Terra, dove si vende e si compra tutto, e cioè la Borsa, per la precisione quella del Chicago Board of Trade, mi avvalgo di alcune note riportate in un articolo sull'Espresso di questa settimana.

I numeri che compaiono sui tabelloni, e che fissano i prezzi dei prodotti agricoli nel mondo, sembrano una grande tombola collettiva, dove speculatori di mestiere, scommettono sulle quotazioni di granturco, soia, grano, riso... decidendo la sorte di milioni di contadini. Sui cartelloni elettronici dell'area riservata agli Agenti di Borsa, il Pit, vengono forniti ad ogni momento i parametri del mercato, ricordando al mondo ogni giorno che l'era dei prezzi bassi dei prodotti agricoli, durata trent'anni, è ormai finita. A determinare il comportamento degli investitori, l'analisi meteo è una delle variabili più importanti. In base alle previsioni meteorologiche si decide se piantare granturco, che soffre se il terreno è umido, o soia, che se dovesse piovere a breve è più indicato... anche se gli scherzi del tempo possono cambiare all'ultimo momento gli orientamenti degli agricoltori. Di conseguenza le previsioni di chi investe nel settore, e quindi i prezzi. I prezzi dei prodotti agricoli sono saliti alle stelle spinti dalla speculazione, dai fondi pensione e dalle industrie che producono etanolo. Secondo Pat Arbor, principe degli Agenti di Borsa di Chicago, le cause e la fame che sopravanza in milioni di persone del mondo dipende dal fatto che... Uno: gli Stati Uniti sovvenzionano gli agricoltori per produrre granturco, che non è più destinato al mercato alimentare ma a quello energetico. Due: cresce enormemente la domanda di cibo proteico da parte di Cina e India e i semi di soia e granturco servono per gli allevamenti di bestiame. Tre: un tempo c'erano grandi aziende agricole, come l'italiana Ferruzzi, che avevano un forte controllo del mercato, mentre oggi sono arrivati i fondi pensione che investono fino al 4, 5 per cento del loro Portafoglio in materie prime agricole, per non parlare di quelli di Dubai, di Singapore e di Hong Kong...




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