Per cui, dato il momento storico che stiamo vivendo, voglio parlarvi del silicio, l'elemento chimico che dopo l'ossigeno si trova più abbondantemente (oltre per 1/4) sul nostro pianeta.
Esso lo si trova in natura principalmente in forma di biossido di silicio, nelle selci, nelle pietre pomici, nell'argilla, nel granito, nella sabbia del mare, in minerali come i quarzi, che ne contengono in gran quantità. Animali marini di piccole dimensioni lo hanno usato per costruire il loro scheletro, alcuni vegerali ne fanno uso per creare meccanismi di difesa.
Il silicio è un elemento che appartiene allo stesso gruppo chimico del carbonio e del germanio. Quando è allo stato puro forma dei cristalli che hanno una struttura molto simile al diamante. Assieme al selenio, al tellurio, al boro e a composti come l'ossidulo di rame, il solfuro e il seleniuro di zinco... presentano una resistenza specifica intermedia fra quella dei conduttori metallici e quella dei materiali isolanti.
In natura vi sono due grandi categorie di elementi: i conduttori, quelli che conducono la corrente elettrica,e gli isolanti, quelli che invece non la conducono. Il silicio, come anche il germanio, sono invece semiconduttori, per cui in certe circostanze essi permettono il passaggio della corrente elettrica ed in altre si comportano come isolanti.
Il silicio è un materiale che l'uomo conosce e sfrutta da millenni ma solo alla fine dell'800 fu scoperto che, se unito al ferro sviluppava proprietà magnetiche. Così è stato impiegato per gli elettromagneti e trasformatori. Da quel momento è stato prodotto chimicamente in una forma ragionevolmente pura, pari forse al 98%.
Dopo i primi impieghi nell'industria metallurgica il silicio lasciò presto le fonderie per scopi, diciamo così, più raffinati. E fece la sua comparsa nel mondo della radiotelegrafia. Ma fu con lo sviluppo del radar, negli anni della Seconda guerra mondiale, che il silicio iniziò la sua vera carriera di imperatore dell'elettronica.
Ma il grande interesse per il silicio lo si deve all'invenzione di tre ricercatori della Bell Telephone Laboratories (William Shockley, John Bardeen e Walter Brattain), i quali realizzarono il primo transistor, che valse loro il premio Nobel per la fisica nel 1956.
In tempi più recenti, le proprietà del silicio hanno determinato il suo impiego nella realizzazione dei chip.
E' un procedimento molto complesso e delicato. Innanzi tutto bisogna partire da un cristallo purissimo: ogni 10 milioni di atomi di silicio, al massimo uno solo può essere di un'altra sostanza. Vi sono poi varie tecniche per drogare, come si dice in gergo, il silicio puro e in seguito costruire i wafer. In certi casi ogni strato del wafer ha uno spessore di appena pochi atomi.
Per ottenere questi risultati bisogna lavorare in ambienti completamente sterili e del tutto privi di ogni disturbo. Anche solo toccare con le mani nude un cristallo di silicio potrebbe rovinarlo del tutto. Per questo gli uomini devono indossare tute che assomigliano a quelle degli astronauti e comunque la maggior parte delle operazioni viene svolta automaticamente dai robot.
Oggi, la produzione globale di silicio ammonta a circa 1 milione di tonnellate l'anno ed è rivolta principalmente all'industria dell'alluminio e a quella di vetro, ceramiche e siliconi. Una piccola percentuale, come è stato già detto, è utilizzata per le industrie dei semiconduttori (incluso il fotovoltaico), in cui si richiede una purezza più elevata di quella fornita dal silicio di grado metallurgico.
Già nella metà degli anni 90 le premesse tecnologiche per la sua industrializzazione si profilavano nette e chiare. Ad agevolare questa tendenza, è stata molto importante l'introduzione della tecnologia del taglio a filo, basata su lame rotanti diamantate, che permette il taglio di fette più sottili e con una superficie meno danneggiata, uno dei pochi esempi di trasferimento tecnologico dal settore fotovoltaico a quello elettronico.
Da qualenergia - Si tratta di uno sviluppo impressionante che fuga ogni dubbio sulle capacita' del settore di formare massa critica sufficiente a determinare le dinamiche del mercato energetico dei prossimi anni.
Tuttavia, il mercato del silicio è assai eterogeneo. Ci sono voluti anni affinchè gli operatori riuscissero a condividere strategie, tecnologie e mercati finali legati ad esso. Da prodotto usato maggiormente nell'industria metallurgica, il silicio si è ritagliato una nicchia tecnologica
Nel 2005 la produzione mondiale di moduli fotovoltaici è stata di circa 1,5 GW, con un tasso di crescita del 25% almeno a partire dalla fine degli anni 90.
Rispetto alle poche migliaia di wafers di silicio realizzate vent'anni fa, grazie al miglioramento tecnologico di processo e di apparecchiature, già lo scorso anno sono state realizzate e processate circa 500 milioni di wafers di silicio. Ciò ha fatto si che i costi di produzione scendessero, pur se non di molto, visto la crisi di approvviggionamento della materia prima di silicio, il feedstock, che ha avuto un grosso impatto sulla evoluzione tecnologica e di mercato.
Attualmente la filiera produttiva può essere divisa in tre settori.
Il primo costituito dalle raffinazioni delle quarziti (sabbia) in forno ad arco, ad elevatissima temperatura (2000° C) per produrre silicio per l'industria metallurgica, con purezza di circa il 98%. Interessa un numero ristretto di operatori dell'industria pesante ed energivora, che richiede grandi impianti per poter far quadrare i conti (questioni di produttività e di costi).
Il silicio "metallurgico" costa poco più di 1,5 € al chilo e costituisce una materia d'indubbia attrattiva per il settore fotovoltaico, costantemente alla ricerca di riduzioni dei costi (il feedstock prima della crisi costava 15 - 30 €/Kg ). Tuttavia, solo ora la purificazione del silicio metallurgico sembra abbia raggiunto un livello promettente.
Il secondo settore è invece più critico. Riguarda la produzione del feedstock o silicio poly. Si tratta della produzione dei gas più puri a base di silicio, che vengono poi solidificati tramite uno specifico reattore.
E' quindi la disponibilità di questo materiale che sta creando tensioni sul mercato. Il silicio poly occorre sia all'industria elettronica che a quella fotovoltaica, il cui mercato d''approvviggionamento, fino ad una dozzina di anni fa, nasceva esclusivamente dagli scarti di lavorazione dell'industria elettronica, che a sua volta doveva pensare a colmare l'avida richiesta, da parte di un'agguerrita industria informatica, in piena crescita.
Ciò ha determinato che una quota crescente del prodotto puro è finita nell'industria del silicio per uso solare, che ora ne consuma la metà (15 mila tonnellate nel 2005).
Lo shortage, una situazione in cui la richiesta eccede la fornitura al prezzo corrente, è legato al ritardo dell'industria del silicio poly ad avviare la costruzione di nuovi impianti (diffidenza nel settore, timori d'installare impianti che diventano presto obsoleti...). Probabilmente questo ha causato una febbrile corsa all' "oro gigio", come da qualcuno è stato definito, dando così luogo ad un certo livello speculativo, con prezzi superiori al centinaio di dollari per chilo.
Al momento sembra esserci in atto una normalizzazione del sistema, che vede in campo, da un lato, grossi accordi di approvviggionamento tra i produttori nei vari segmenti e dall'altro di alcune integrazioni verticali tra aziende (bassi costi di integrazione e cooperazione tra aziende, che mira ad una forte specializzazione).
Il terzo settore legato al silicio riguarda la produzione dei wafers mediante il taglio di lingotti in monocristallini o multicristallini.
Tuttavia, nonostante questi notevoli miglioramenti tecnologici dal lato industriale, il costo elevato della materia prima e lo squilibrio del mercato hanno prodotto un aumento del prezzo dei sistemi fotovoltaici di circa il 10 per cento negli ultimi due anni, creando una situazione che potrebbe raffreddare l'entusiasmo del settore, rimesso però in moto, almeno da noi, dal nuovo decreto sul fotovoltaico.
Intanto si stanno affacciando nuove proposte tecnologiche, soprattutto film sottili di silicio e dei composti, ma anche sistemi a concentrazione e celle organiche.
Superata questa fase, come suggerisce l'interessante articolo curato da Francesca Ferrazza dell'ENI sulla rivista FV, e da cui ho attinto parte di queste informazioni, sarà possibile concentrarsi su ulteriori miglioramenti, come le fette fino a circa 100 micron di spessore con celle di efficienza superiore al 20% che permetteranno al silicio in fette di mantenere la sua posizione dominante ancora per diversi anni. Mentre è probabile che i film sottili finalmente guadagnino una quota consistente del mercato.
Pur tuttavia, per raggiungere il target di piena competitività al 2030, occorre guardare avanti e cercare nuove tecnologie che possano permettere una ulteriore riduzione dei costi, o di utilizzare più efficacemente lo spettro solare. Per questo è importante continuare a investire sia a breve che a lungo termine nella ricerca e sviluppo, e cercare soluzioni anche in settori trasversali quali quelli dei materiali organici, dei LED, delle nanotecnologie.
Fonte principale: il professor €chos. blogosfere.it
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